Corte d’Appello di Milano
A seguito di una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il datore non aveva provveduto alla convalida in sede competente; la lavoratrice non aveva sottoscritto la copia della denuncia di cessazione; la società non aveva rivolto alla lavoratrice l’invito a presentarsi per la convalida o ad apporre la propria firma nel termine di 7 giorni previsto dalla Legge Fornero. La lavoratrice aveva revocato la propria adesione oltre il termine di legge.
La Corte ha ritenuto valida la revoca affermando che in caso di dimissioni o risoluzione consensuale è inammissibile una loro convalida tacita, sia perché tale forma non è prevista dalla Legge Fornero, sia perché tale norma ha il fine di tutelare la libertà negoziale del lavoratore. L’efficacia della risoluzione consensuale è, quindi, sospensivamente condizionata alla convalida e, a fronte di una valida revoca da parte del lavoratore, questo non viene meno. Intervenuta la revoca, l’omessa convocazione del lavoratore a riprendere il lavoro è rifiuto unilaterale qualificabile come licenziamento per fatti concludenti, da ritenersi inefficace con conseguente applicazione dell’art. 18 St. Lav.