«Disposizioni urgenti in materia di appalto e lavoro accessorio»
Anche la seconda norma del decreto legge emanato dal Governo ha accolto interamente il quesito referendario, questa volta in materia di solidarietà negli appalti. In sostanza, è stato abrogato il cd. «beneficio dell’escussione» secondo il quale, prima di poter aggredire il committente per il pagamento di retribuzioni e accessori, il lavoratore doveva agire nei confronti del proprio diretto datore di lavoro (appaltatore o sub-appaltatore) e dimostrare di non aver potuto ottenere quanto a lui dovuto (ad esempio, per insolvenza dell’appaltatore). Solo in questo caso, il lavoratore poteva rivolgersi al committente. È stato altresì abrogato il corollario processuale di tale previsione (ossia, il litisconsorzio necessario tra i responsabili in solido) e la facoltà di deroga di tale disciplina concessa alla contrattazione sindacale.
La disciplina risultante, pertanto, stabilisce che in caso di appalto di opere o di servizi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. Il committente resta esonerato dalle sanzioni civili connesse alle violazioni dell’appaltatore e, naturalmente, può esercitare l’azione di regresso nei confronti del debitore principale secondo le regole generali.