Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore è stato licenziato perché scoperto in possesso (non autorizzato) di documenti aziendali. Il lavoratore ha pertanto impugnato il licenziamento, sostenendo, tra l’altro, che non vi era violazione del dovere di fedeltà, non avendo egli dato alcuna divulgazione a tali documenti. Sia il Tribunale, sia la Corte d’Appello hanno tuttavia ritenuto che il licenziamento fosse proporzionato alla gravità dei fatti contestati, perché il lavoratore rivestiva un ruolo delicato all’interno della società e la sua condotta era idonea a ledere il vincolo fiduciario.
Tale decisione è stata infine confermata anche dalla Suprema Corte la quale ha precisato che il dovere di fedeltà sancito dall’art. 2105 Cod. civ. (che vieta espressamente la divulgazione di notizie inerenti l’impresa) è più ampio di quanto risulta dal testo della norma, dovendo essere integrato con i generali principi di correttezza e buona fede fissati dagli artt. 1175 e 1375 Cod. civ. Di conseguenza, anche solo il mero possesso di documenti aziendali riservati, pur se non divulgati, configura violazione del dovere di fedeltà, meritevole del licenziamento.