Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore veniva licenziato per giusta causa per aver falsamente attestato la sua presenza in ufficio.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello ritenevano proporzionato il licenziamento. In particolare, i Giudici di merito avevano valutato la condotta sotto il punto di vista oggettivo, considerando le modalità, l’intensità dell’elemento intenzionale, il carattere abituale e fraudolento e la preordinazione delle modalità esecutive, confermando, dunque la proporzionalità della sanzione espulsiva e la lesione del vincolo fiduciario, ritenendo il comportamento talmente grave da rendere irrilevante l’assenza di precedenti disciplinari.
Anche la Cassazione ha confermato le pronunce di merito, precisando che questa fattispecie disciplinare di fonte legale si realizza, chiaramente, in tutti i casi di alterazione o manomissione del sistema ma non solo. La stessa si configura ogni qualvolta venga fatta una timbratura con l’obiettivo di far risultare che un certo lavoratore, in realtà assente, è rimasto in ufficio durante l’intervallo temporale compreso tra la registrazione dell’entrata e quella dell’uscita.