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L’accomodamento ragionevole: un obbligo del datore verso il lavoratore disabile

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

Un lavoratore, invalido al 100% e portatore di handicap grave, era stato licenziato per assenza ingiustificata. La decisione era seguita al suo rifiuto di riprendere servizio nella sede di ultima assegnazione, lontana dal luogo in cui si sottoponeva a terapia oncologica, dopo la scadenza di un periodo di aspettativa non retribuita. Il lavoratore aveva richiesto, senza successo, un trasferimento presso una sede più vicina al centro di cura.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dichiarato legittimo il licenziamento, ritenendo non dimostrato che il rientro presso la sede originaria rendesse impossibile la prosecuzione delle cure mediche. La Cassazione, ribaltando le decisioni di merito, ha sottolineato la rilevanza dell’obbligo del datore di lavoro di adottare “accomodamenti ragionevoli” a favore del lavoratore disabile. Questo obbligo è finalizzato a garantire l’effettivo godimento del diritto alla salute e alla vita privata, riconosciuto dalla normativa interna e comunitaria.
La Suprema Corte ha chiarito che il mancato rispetto dell’obbligo costituisce una discriminazione diretta, comportando la nullità del licenziamento basato su tale omissione. L’accomodamento ragionevole, in quanto elemento essenziale per l’inclusione lavorativa, non può essere eluso, e il datore di lavoro non può trarne vantaggio. Questo principio rafforza la tutela delle persone con disabilità, imponendo ai datori di lavoro un’attenzione particolare alle loro specifiche necessità.

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