Agenzia delle Entrate
L’indennità risarcitoria stabilita dal Giudice per compensare il pregiudizio subito dal lavoratore in somministrazione è considerata reddito di lavoro dipendente e deve essere tassata secondo la modalità separata. Questo è il principio sancito dall’Agenzia delle Entrate. L’indennità, prevista dall’articolo 39, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, varia tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR. Il caso nasce da una controversia giuslavoristica in cui una lavoratrice in somministrazione ha richiesto risarcimento per l’illegittimo utilizzo dei contratti di somministrazione oltre i limiti di legge. L’Agenzia ha ricordato due principi chiave: il principio di onnicomprensività, secondo cui costituiscono reddito tutte le somme e i valori percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro; e il principio secondo il quale i proventi sostitutivi di redditi e le indennità per risarcimento di danni costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. In generale, inoltre, occorre distinguere tra indennizzi da lucro cessante (mancata percezione di redditi, tassabili) e quelli da danno emergente (risarcimento per perdita patrimoniale, non tassabili). Poiché l’indennità risarcitoria del Giudice compensa interamente il pregiudizio subito dal lavoratore, inclusi i danni retributivi e contributivi, essa va considerata un risarcimento per perdita di redditi di lavoro dipendente (lucro cessante) e quindi tassabile. La tassazione separata si applica secondo l’articolo 17, comma 1, lettera b), Tuir, in quanto emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente percepiti per effetto di leggi, contratti collettivi, sentenze o atti amministrativi.