Corte d’Appello di Bologna
Una società, operante nel settore del packaging ortofrutticolo, ricorreva in giudizio sostenendo che un proprio dirigente, dopo le dimissioni, aveva ripetutamente violato il patto di non concorrenza che precludeva al dirigente di svolgere attività concorrenziale sul territorio italiano. In particolare, la ex datrice affermava che il lavoratore operava in violazione del patto in quanto assunto da una diretta concorrente con sede in Italia ed operante su tutto il territorio nazionale. Il dirigente si costituiva in giudizio sostenendo di non aver violato il patto poiché, presso la nuova datrice, egli si occupava esclusivamente dei mercati esteri.
La Corte d’Appello, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, ha affermato che un’interpretazione coerente con la realtà socio-economica in cui agiscono attualmente le imprese ed i lavoratori, richiede necessariamente che il concetto di «territorio» non venga rigidamente inteso come perimetro fisico dove collocare o meno una postazione di lavoro. Il territorio deve invece essere inteso come uno spazio in cui si riflettono gli effetti della prestazione lavorativa del lavoratore, tanto più in settori sempre più globalizzati e non ancorati a realtà locali. Interpretando il patto con una stretta visione topografica, osserva infatti la Corte, il vincolo risulterebbe inopinatamente rispettato nel caso in cui il lavoratore si dedicasse esclusivamente al mercato proibito, purché fisicamente collocato in un ufficio estero, con ciò violando tuttavia il senso e la causa del patto.
Alla luce di quanto sopra, il ricorso della società è stato rigettato.