Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Una lavoratrice veniva assassinata mentre percorreva a piedi la strada per raggiungere il luogo di lavoro. Il marito della donna in proprio e per conto delle due figlie chiedeva all’INAIL la corresponsione dell’indennizzo ritenendo che la morte della lavoratrice fosse qualificabile come infortunio in itinere.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Milano rigettavano la domanda, qualificando il fatto doloso del terzo quale evento esterno, non previsto né prevedibile, tale da interrompere il nesso causale tra l’attività lavorativa e l’evento verificatosi.
La Suprema Corte, investita della questione, ha rilevato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale circa l’esatta individuazione delle regole relative all’indennizzabilità degli infortuni sul lavoro e al nesso causale esistente tra l’attività lavorativa e l’infortunio subito.
Secondo un’interpretazione estensiva, infatti, il rischio relativo al tragitto casa-sede di lavoro sarebbe protetto essendo ricollegato, seppur indirettamente, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo. L’orientamento più restrittivo, invece, ritiene necessaria che la causa sia connessa all’attività lavorativa, ossia che inerisca a tale attività e sia almeno occasionata dal suo esercizio.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono, la Suprema Corte ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale remissione alle Sezioni Unite.