Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore aveva sottratto alla società datrice di lavoro (si trattava di Poste Italiane) una somma di denaro.
Scoperto il fatto, la società gli comunicò la sanzione di un giorno di sospensione.
A distanza di tempo, la stessa sottrazione di denaro costò al lavoratore la condanna per peculato in sede penale.
Appreso della condanna, la società licenziò il lavoratore per giusta causa, considerato che il contratto collettivo di settore contemplava tra le ipotesi di giusta causa di licenziamento anche il caso della condanna penale passata in giudicato per fatti rilevanti sul piano disciplinare.
La Suprema Corte, conformemente a quanto già statuito dai giudici di merito, ha tuttavia ritenuto illegittimo il licenziamento.
Ciò perché il fatto su cui si basava il licenziamento era lo stesso per il quale il datore di lavoro aveva già irrogato la sanzione della sospensione.
Ad avviso della Corte, dunque, anche per i procedimenti disciplinari, trova applicazione il principio generale del ne bis in idem, volto ad evitare che per lo stesso fatto si svolgano più procedimenti e si emettano più sanzioni.