Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Il solo esaurirsi della singola azione lesiva delle prerogative sindacali commessa del datore di lavoro non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo (e, dunque, la dichiarazione di antisindacalità) ove tale comportamento risulti persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue.
Infatti, secondo la Corte, in assenza di sanzione giurisprudenziale sarebbe rimasto in capo ai lavoratori, «l’effetto psicologico di deterrenza rispetto alla ripetizione di condotte analoghe a quella posta in essere (sciopero nella giornata di sabato) e sanzionata dalla società (mediante trattenute sulla retribuzione) e comunque di una situazione di incertezza circa il regime applicabile al blocco della flessibilità».
La Suprema Corte ha altresì ribadito che per configurare una condotta antisindacale non è necessario uno specifico intento lesivo dovendo il giudice accertare «l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero».