Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore dipendente veniva licenziato per assenza ingiustificata dal lavoro. Il dipendente impugnava il licenziamento chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità/illegittimità poiché era stato arrestato per reati non commessi nell’esercizio delle sue funzioni e posto in isolamento per 14 giorni allo scopo di contenere la diffusione del Covid-19. Egli si era quindi trovato nell’impossibilità di avvertire il proprio datore di lavoro, il quale era ugualmente venuto a conoscenza del suo arresto a seguito di un colloquio con la moglie del lavoratore.
La Suprema Corte, nel pronunciarsi sulla vicenda, ha ribadito il principio secondo cui la comunicazione del lavoratore circa l’assenza dal servizio deve essere tempestiva, efficace ed esaustiva, ossia deve indicare i motivi dell’assenza e la sua durata presumibile, per consentire al datore di approntare la sostituzione e comunque di riorganizzare il servizio in mancanza del lavoratore assente.
Nel caso in esame, il fatto che la datrice avesse appreso informalmente dalla moglie del lavoratore la circostanza che lo stesso era stato tratto in arresto, non poteva assumere rilievo, perché l’informazione era incompleta ed inidonea a consentire al datore le valutazioni di sua competenza, mancando la ragione dell’arresto, la sua natura (cautelare o definitiva) e la sua durata (breve o lunga).
Il ricorso del dipendente è stato quindi respinto.