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Licenziamento per sopravvenuta inidoneità solo se inapplicabili «misure ragionevoli» per evitare il recesso

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

Un lavoratore dipendente con le mansioni di collaudatore di prodotti in ceramica veniva licenziato per sopraggiunta inidoneità alla mansione. Il lavoratore impugnava il licenziamento sostenendo di essere ancora idoneo allo svolgimento delle mansioni assegnategli, sebbene con alcune limitazioni impostegli dal medico competente, e chiedeva che fosse dichiarata l’illegittimità del licenziamento.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, ha ribadito il principio secondo cui la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore deve essere esaminata in base alla più recente normativa nazionale e comunitaria tesa a tutelare il dipendente. In particolare, se il lavoratore viene a trovarsi in una situazione di duratura menomazione che lo ponga in una situazione di disuguaglianza rispetto agli altri lavoratori, la legge prevede la ricerca di «soluzioni ragionevoli» per garantire la prosecuzione dell’impiego; il limite alla ragionevolezza di tali accomodamenti si rinviene qualora essi «richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato».
Alla luce di quanto sopra, poiché la datrice non ha provveduto ad adottare le misure necessarie per evitare che il lavoratore fosse discriminato, la Suprema Corte ha accolto la domanda del lavoratore.

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