Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore dipendente veniva licenziato per giusta causa. Il dipendente impugnava il licenziamento sostenendone il carattere ritorsivo poiché era stato trasferito illegittimamente presso una nuova sede di lavoro dopo la reintegrazione disposta dal Giudice solo un anno prima.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, ha richiamato il proprio orientamento consolidato secondo cui l’accoglimento della domanda di nullità del licenziamento perché fondato su motivo illecito esige la prova che l’intento ritorsivo datoriale sia stato il motivo esclusivo e determinante della volontà di recedere dal rapporto di lavoro. Secondo i Giudici di legittimità, l’onere della prova della esistenza di un motivo di ritorsione del licenziamento e del suo carattere determinante grava sul lavoratore che può ricorrere anche a presunzioni.
Nel caso in cui il licenziamento sia irrogato a seguito di una condotta disciplinarmente rilevante, la tenue gravità dell’addebito non è di per sé rivelatrice della natura ritorsiva del licenziamento.
Alla luce di quanto sopra, la domanda del lavoratore è stata rigettata.