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Whistleblowing

No al licenziamento del whistleblower anche se l’addebito disciplinare non ha a che fare con le denunzie anonime

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

Un dirigente con mansioni di responsabile dell’Area Amministrazione, Finanza e Fiscale, impugnava il licenziamento in tronco che gli era stato comunicato per non avere curato l’impugnazione di un avviso di accertamento di alcuni milioni di Euro. Il lavoratore impugnava il licenziamento sostenendo che lo stesso era in realtà ritorsivo per aver egli, in passato, come whistleblower, denunciato i vertici aziendali per altre vicende.
Sia il Tribunale sia la Corte d’Appello, ritenendo fondata la giusta causa, rigettavano il ricorso poiché l’esistenza di una causa rendere comunque superfluo l’esame della natura eventualmente ritorsiva del provvedimento.
La Suprema Corte ha invece dato ragione al dirigente precisando che le norme sul whistleblowing non consentono al datore di lavoro di sottoporre il lavoratore denunziante a licenziamento disciplinare, se funzionale alla segnalazione dell’illecito.

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