Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Una lavoratrice impugnava i licenziamento comunicatole all’esito di una procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale. La Corte d’Appello dichiarava illegittimo il licenziamento, condannando in solido la datrice di lavoro in concordato preventivo e la società cessionaria dell’azienda al pagamento di un’indennità pari a 27 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Secondo la Corte, infatti, era viziato il licenziamento collettivo sussistendo difformità tra la comunicazione iniziale e quella finale poiché quest’ultima oltre a denunciare un numero ridotto di esuberi rispetto a quello inizialmente dichiarato (circostanza di per sé lecita, potendo anzi rappresentare proprio il risultato dell’esame congiunto) riportava una diversa allocazione delle risorse nei vari reparti, senza fornire alcuna spiegazione o un prospetto aggiornato che chiarisse in quali reparti fossero stati riassorbite le unità ritenute non più in esubero.
La Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento, ritenendo che l’incongruenza rilevata creava opacità e mancanza di trasparenza sulla reale applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare con conseguente diritto di costoro alla reintegrazione.