Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore era stato licenziato per impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa poiché era stato destinatario di una misura restrittiva della libertà personale (arresti domiciliari) che gli impediva la prestazione lavorativa per oltre 12 mesi.
La Suprema Corte, confermando la decisione del Giudice di merito, ha ribadito che, l’assenza prolungata per oltre 12 mesi, anche per cause non imputabili al lavoratore, giustifica la risoluzione del rapporto di lavoro, qualora venga meno l’interesse del datore di lavoro a ricevere ulteriori prestazioni lavorative. Il contratto collettivo applicabile al caso di specie, prevedeva la possibilità per il datore di lavoro di recedere dopo 12 mesi di assenza, configurando la fattispecie come impossibilità sopravvenuta, ex artt. 1463 e 1464 Cod. civ.