Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un’avvocata aveva chiesto il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di collaborazione intercorso con uno studio legale associato, presso il quale aveva prestato la propria attività professionale per oltre 13 anni: la professionista sosteneva di essere stata di fatto una dipendente. Sia il Tribunale, sia la Corte d’Appello respingevano il ricorso della lavoratrice. Anche la Cassazione ha confermato la decisione.
La Corte ha ricordato che le prestazioni professionali, anche se svolte in contesti associativi, non configurano un rapporto di lavoro subordinato anche in presenza di regolamenti interni e di un’organizzazione che prevedeva forme di coordinamento necessarie per l’efficace gestione del lavoro collettivo. La Cassazione ha osservato che l’avvocato, pur lavorando in esclusiva per lo studio, ha agito in modo autonomo e indipendente. In particolare, la Corte ha escluso che l’obbligo di esclusività, finalizzato ad evitare conflitti di interesse e a garantire la copertura assicurativa, o la fissazione di scadenze e il coordinamento delle attività determinassero o rivelassero un vincolo di subordinazione.