Corte di Cassazione, Sez. Pen.
Un datore di lavoro, avendo subito dei furti di documenti all’interno della propria azienda, aveva installato delle telecamere nascoste nell’ufficio di una lavoratrice al fine di identificare l’autore dei fatti. La donna, dovendosi scoprire le gambe per applicare una pomata curativa a seguito di infortunio al ginocchio, aveva riferito di essersi sentita violata nella propria riservatezza. Il datore, condannato al pagamento di un’ammenda di Euro 600,00 ai sensi dall’art. 171, D.Lgs. n. 196/2003, ricorreva in Cassazione.
Chiamata a decidere sulla questione, la Corte ha stabilito che i «controlli difensivi», posti in essere dal datore mediante l’installazione di apparecchiature nei luoghi di lavoro, possono essere effettuati solo se la videoripresa non è mirata a verificare la prestazione lavorativa e avviene nel rispetto del principio di libertà e dignità del lavoratore, che costituisce un «limite oggettivo invalicabile all’esercizio incondizionato del diritto del datore di lavoro a tutelare il patrimonio aziendale», confermando la sanzione a carico del datore.