La Corte di Cassazione ha definito con l’ordinanza n. 28248 del 4 novembre 2024 la causa avviata con ricorso da una dipendente licenziata per giusta causa che era arrivata sul luogo di lavoro un’ora dopo l’orario registrato dal suo badge. A timbrarlo infatti era stato un collega compiacente.
La Corte ha stabilito che questo comportamento possa essere sanzionato dal datore di lavoro come una giusta causa di licenziamento.
Licenziamento disciplinare: tipologie e procedimento
Il ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello che aveva dato ragione al datore di lavoro è stato proposto dalla dipendente licenziata.
Tra i motivi, la ricorrente lamentava:
- che il datore di lavoro avesse indicato erroneamente la norma contrattuale violata nella lettera di contestazione;
- di non avere responsabilità se il collega aveva timbrato il cartellino al posto suo;
- e che la sanzione del licenziamento fosse sproporzionata in considerazione di alcune circostanze non valutate dai giudici.
La Corte non è stata del suo stesso avviso.
Il licenziamento disciplinare infatti è la sanzione applicata al dipendente che viola la legge, il contratto di lavoro o il regolamento aziendale, in modo così grave da compromettere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Se la fiducia viene meno al punto da non consentire più la prosecuzione del rapporto, il datore di lavoro può sanzionare il dipendente con il licenziamento.
Il licenziamento disciplinare può avvenire:
- per giustificato motivo oggettivo;
- per giusta causa.
I principi che regolano il licenziamento disciplinare per giusta causa
Il caso di licenziamento disciplinare per giusta causa non prevede un termine di preavviso, perché riguarda le violazioni di tale gravità da rendere necessario un allontanamento immediato del lavoratore dal posto di lavoro.
La procedura di intimazione del licenziamento disciplinare prevede che il datore di lavoro invii al lavoratore, nel più breve tempo possibile, una lettera in cui descrive le condotte contestate.
Queste contestazioni non potranno più essere modificate dal datore di lavoro per il principio di immutabilità della contestazione.
Questo principio è a tutela del lavoratore, infatti la conformità tra condotta contestata e sanzione deve essere garantita anche in giudizio. Il giudice non può esaminare condotte diverse da quelle che il datore di lavoro ha indicato come base per il licenziamento, altrimenti i suoi poteri sconfinerebbero nell’ambito riservato alla scelta del datore di lavoro.
Il dipendente può inoltrare una difesa, sia scritta che verbale, nei cinque giorni successivi.
A quel punto il datore di lavoro decide se applicare o meno la sanzione del licenziamento e lo comunica al lavoratore, al più presto e per iscritto.
Dopo aver esaminato le prove e valutato le difese, la Cassazione ha ritenuto di confermare la sentenza d’appello che ha ritenuto fondato il licenziamento.
L’accordo tra i due colleghi per fare risultare in azienda la dipendente in un orario antecedente a quello di arrivo e la sua rilevanza disciplinare sono stati considerati proporzionali alla sanzione.
La condotta della lavoratrice ha infatti determinato una grave colpo alla fiducia che impedisce la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro.