INPS
L’INPS ha ribadito che il diritto previsto dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/92, di usufruire di 3 giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave, possono essere fruiti, anche:
• dalla parte di un’unione civile che presti assistenza all’altra parte;
• dal convivente di fatto, che presti assistenza all’altro convivente.
In particolare, fermo restando il principio del referente unico, il diritto ad usufruire dei permessi per assistere il disabile in situazione di gravità può essere concesso, in alternativa, al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto, al parente o all’affine entro il secondo grado. Inoltre, è possibile concedere il beneficio a parenti o affini di terzo grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell’unione civile/il convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
L’Istituto precisa tuttavia che tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità. Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un’unione civile può usufruire dei permessi in esame unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso il rapporto di affinità.