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Utilizzare la registrazione di una riunione di lavoro è normalmente vietato e potrebbe costituire una giusta causa di licenziamento. La Corte di Cassazione però ha ritenuto che se la registrazione è utile per affermare o difendere un diritto in giudizio, allora è lecita, pur con certi limiti e solo in alcune circostanze illustrate nell’articolo.

La registrazione di una riunione di lavoro o di conversazioni tra lavoratore e datore di lavoro è in genere privata e segreta ma, se viene realizzata, il suo utilizzo presenta alcuni aspetti cui prestare attenzione.

La tutela della privacy 

La normativa a tutela della Privacy (Decreto Legislativo 196 del 30 giugno 2003) consente, a determinate condizioni, la registrazione di una conversazione anche senza il consenso delle altre persone presenti e a loro insaputa.

Il caso di un lavoratore, poi licenziato, ha portato nel 2021 la Corte di Cassazione (sentenza n. 31204 del 2 novembre 2021) ad ammettere che la registrazione venisse portata in Tribunale ed esibita a riprova della versione del lavoratore.

La Suprema Corte ha considerato legittimo il comportamento perché il lavoratore ha utilizzato la registrazione per sostenere le proprie difese nel processo intentato per opporsi al proprio licenziamento.

Il diritto alla difesa infatti è un diritto tutelato dalla Costituzione e, come tale, consente la compressione di altri diritti. Questo a condizione che la compressione sia solo temporanea e finalizzata a uno scopo preciso, come in questo caso, così il diritto alla privacy della conversazione cede il passo al diritto del lavoratore di tutelare la propria tesi difensiva in un processo.

La registrazione di colloqui sul luogo di lavoro è vietata

Registrare una riunione di lavoro normalmente non solo è vietato ma, anzi, potrebbe essere un comportamento valutato come giusta causa di licenziamento; sennonché la Suprema Corte ha ritenuto che l’utilizzo della registrazione per affermare o difendere un diritto in giudizio lo rendesse lecito.

Questa impostazione è stata tenuta in considerazione anche dal Tribunale di Venezia (Sezione Lavoro, sentenza 2 dicembre 2021 n.2286) ma il caso trattato presentava alcune particolari circostanze che hanno portato ad una conclusione differente.

Il lavoratore protagonista del caso esaminato dal Tribunale aveva registrato una riunione di lavoro di natura organizzativa interna all’azienda; questi aveva poi ceduto la registrazione a colleghi non presenti alla riunione i quali, a distanza di tempo, l’hanno utilizzata come mezzo di prova nelle rispettive cause di lavoro contro l’azienda.

Il Tribunale ha chiarito che, in questo caso, la registrazione non poteva considerarsi lecita perché non era finalizzata alla tutela dei diritti del lavoratore che l’aveva realizzata.

Le ragioni difensive infatti non sussistevano al momento in cui il lavoratore ha compiuto la registrazione ma sono subentrate in seguito e perdipiù in favore di terze persone non presenti.

I limiti e le circostanze che rendono lecita la registrazione di una riunione di lavoro

La Giurisprudenza ha dunque chiarito i limiti ben precisi entro i quali la registrazione di una riunione di lavoro non configura una violazione della riservatezza:

  • quando è finalizzata a tutelare o far valere un diritto in giudizio;
  • quando la registrazione e i dati raccolti siano trattati per il tempo strettamente necessario;
  • quando la registrazione è utilizzata per finalità di difesa;
  • quando chi registra è presente e partecipa alla riunione;
  • quando la registrazione non viene diffusa o utilizzata da terzi.

La registrazione di colloqui da parte del datore di lavoro

Quanto al datore di lavoro, come già chiarito in questo articolo sui controlli a distanza del lavoratore in smart working, egli è tenuto al rispetto dei limiti imposti dallo Statuto dei lavoratori, come modificato dal Jobs act che, in sintesi, impongono:

  • che il controllo abbia lo scopo di tutelare il patrimonio aziendale, la sicurezza sul lavoro o altre esigenze produttive o organizzative;
  • che ci sia l’accordo dei sindacati o, in mancanza, l’autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro;
  • che la presenza di dispositivi di registrazione audio/video sia opportunamente segnalata.

 

V. F. Giglio

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