Il danno da illecito sul luogo di lavoro è l’oggetto di una importante sentenza della Corte di Cassazione che si pronuncia sul riconoscimento del danno esistenziale in un caso di mobbing.
Il danno patrimoniale e il danno non patrimoniale
Semplificando, il nostro ordinamento riconosce due categorie di danno:
- il danno patrimoniale (art. 1223 Cod. civ.)
- il danno non patrimoniale (art. 2059 Cod. civ. e art. 185 Cod. pen.).
Il danno patrimoniale è, come dice la parola, una lesione del patrimonio. L’art. 1223 Cod. civ., precisa che esso può consistere in una riduzione del patrimonio esistente (c.d. «danno emergente») o in un mancato guadagno (c.d. «lucro cessante»).
Il danno non patrimoniale è invece una lesione dei diritti della persona che hanno un valore intrinseco non determinabile in termini economici. L’art. 2059 Cod. civ. stabilisce che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge, come in caso di reato (art. 185 Cod. pen.).
La scarna definizione normativa ha imposto una elaborata attività di interpretazione da parte della giurisprudenza per individuare i diversi tipi di danno non patrimoniale risarcibili. Essi sono stati nel tempo declinati in:
- danno morale: sofferenza interiore, dell’animo;
- danno biologico: lesione della salute psico-fisica, tutelato dagli art. 2 e 32 Costituzione, accertabile dal punto di vista medico, che compromette la vita quotidiana del danneggiato e le sue relazioni;
- danno esistenziale: lesione di diritti di rilevanza costituzionale (oltre a quello alla salute) che pregiudica sia le attività attraverso cui l’individuo si realizza personalmente, sia le sue abitudini quotidiane e le sue relazioni.
Il lavoratore che chiede un risarcimento per un caso di mobbing, deve provare di aver subito un pregiudizio che può essere di natura morale o esistenziale e/o di natura biologica, danno causato dalla patologia provocata dal mobbing. Ciascuna ragione di danno, se adeguatamente provata, può concorrere a determinare il risarcimento.
Lo afferma la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 3 novembre 2022, n. 35237.
La liquidazione del danno non patrimoniale
Secondo l’orientamento oggi prevalente, il danno non patrimoniale va liquidato unitariamente, senza cioè moltiplicare i risarcimenti per quante sono le voci di cui si compone in concreto il danno non patrimoniale (morale, biologico, esistenziale). Si tratta di un principio consolidatosi a partire dalle sentenze della Cassazione note, tra gli addetti ai lavori, come le «Sentenze di San Martino».
Questo principio è tenuto fermo anche nell’ordinanza in esame con cui la Corte ha respinto il ricorso presentato da una lavoratrice contro la decisione della Corte d’Appello di Bari che le aveva negato il risarcimento del danno esistenziale. In questo caso la richiesta di danno era ulteriore a quella liquidata dal Tribunale a ristoro del danno biologico dovuto a depressione e ansia conseguenti il mobbing.
La Cassazione ha infatti ribadito e specificato che:
- nella liquidazione complessiva del danno non patrimoniale vanno considerate tutte le voci di danno;
- il danno biologico comprende non solo la lesione alla salute (accertabile a livello medico) ma anche il conseguente pregiudizio alle attività quotidiane, personali e relazionali;
- non c’è duplicazione di risarcimento se, oltre ad un importo per il danno biologico, viene liquidata una somma per il danno morale, purché questo sia accertato in giudizio.
La liquidazione del danno esistenziale in caso di danno biologico da mobbing
Secondo la Cassazione anche la Corte d’Appello di Bari ha applicato questi principi nel caso trattato.
La Cassazione ha osservato, infatti, che il Giudice ha confermato che la lesione della salute può causare danni morali o alla vita di relazione ulteriori e distinti dal danno biologico.
La Corte ha invece ritenuto che non sia stato provato un pregiudizio ulteriore e diverso dal danno biologico, anche come danno esistenziale, visto che la malattia sviluppata dalla lavoratrice si era manifestata proprio «nel mutamento delle abitudini di vita, nella fragilità dello stato emotivo e in un diverso modo di relazionarsi con il mondo esterno».