TAR Calabria
La clausola sociale è costituzionalmente legittima se si contempera con l’organigramma dell’appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, della libertà di impresa pure tutelata dall’art. 41 Cost.
Un bando di gara pubblica, prevedeva l’obbligo per l’impresa subentrante di assorbire tutto il personale dell’azienda cessante addetto in via ordinaria o prevalente all’appalto. Tale clausola, unita alla base di gara rendeva, a dire dell’impresa ricorrente, del tutto antieconomica una qualsiasi seria offerta scoraggiando in tal modo ogni partecipazione alla gara. In particolare, il costo per il solo personale a tempo indeterminato risultava complessivamente pari ad Euro 965.794,80 annui, vale a dire circa l’80% dell’importo posto a base di gara e pari ad Euro 1.207.500,00 annui. Dovendo assumere tutte le 26 risorse impiegate dall’impresa cessante, la sommatoria di tale costo agli altri costi fissi sarebbe stato di per sé superiore all’importo complessivo posto a base di gara. Investito della questione, il TAR ha ricordato che la clausola sociale prevista dalla legge va interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante «deve prioritariamente assumere gli stessi addetti, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione dell’imprenditore subentrante». Inoltre, la stazione appaltante che, a posteriori, autorizzi la «disapplicazione» della clausola sociale viola il principio di trasparenza nell’azione amministrativa.
Il TAR ha pertanto annullato il bando.