Tribunale di Udine
Una lavoratrice con mansione di caposquadra portalettere si era rifiutata di sottoscrivere l’atto che la designava quale incaricata al trattamento dei dati personali. Il datore di lavoro aveva così deciso di sospenderla dal servizio e dalla retribuzione, negandole anche l’accesso ai locali aziendali. La lavoratrice agiva in giudizio per chiedere di essere riammessa a lavoro. Il Tribunale di Udine tuttavia dava ragione alla società datrice. Il Giudice ha infatti osservato che il rifiuto della dipendente ad accettare tale incarico rendeva impossibile continuare lo svolgimento della sua prestazione lavorativa; le mansioni affidate alla lavoratrice implicavano necessariamente il trattamento di dati personali altrui. Rifiutandosi di firmare l’atto di designazione, la dipendente non aveva espresso il consenso a trattare i dati nel rispetto delle prescrizioni di legge in materia né a svolgere la formazione specifica del caso. Il rifiuto ha conseguentemente imposto al datore di bloccare immediatamente la prestazione lavorativa perché la situazione non consentiva di garantire che l’attività fosse resa nel rispetto delle normative. Il giudice ha dunque confermato il provvedimento irrogato dal datore di lavoro.